mercoledì 24 febbraio 2010

cosedipoliticaPAVIA – PAVIA CITTA' RICCA MA IMMOBILE

intervista alla Prof.ssa Antonella Zucchella, da la Provincia Pavese di Martedì 23 Febbraio 2010.



Pagina 13 - cronaca

«Pavia è ricca, ma le aziende calano»

Zucchella: «E’ il momento di puntare sull’innovazione - e l’Università è una risorsa»



PAVIA. L’economia rallenta, ma Pavia si (ri)scopre ricca. I problemi, in parte, sono antichi. Il pavese preferisce comprare immobili, invece che investire. «Nel breve periodo difficile che le cose cambino», spiega Antonella Zucchella, docente di Marketing territoriale.

Secondo il Sole 24 Ore del lunedì il reddito dei residenti in provincia di Pavia è il quarto più alto d’Italia.
Professoressa Zucchella, vuole dire che gli altri stanno peggio di noi?


«E’ un dato strutturale adesso esaltato all’ennesima potenza, un dato che io osservo da alueno una decina d’anni. Di fatto Pavia si conferma luogo della rendita e non della produzione. Sempre più rendita e sempre meno produzione. E la crisi economica sta facendo emergere questo problema in modo chiarissimo. Pavia è avanti nella classifica anche perché la ricchezza qui è molto agganciata a investimenti tradizionali, agli immobili. Questa rendita, in effetti, ha risentito poco o nulla della crisi mondiale».

Intanto, qui, le aziende chiudono e gli artigiani licenziano. Come spiegare questo fenomeno?

«Nel breve termine difficile trovare vie d’uscita. L’economia della produzione a Pavia è fragile, le piccole aziende sono fuori dalla competizione globale, ma la subiscono».

E’ il solito, vecchio, tema: i pavesi preferiscono comprare un appartamento e affittare a uno studente. Nelle campagna, in modo analogo, si investe ancora nei terreni. E’ così?

«Un po’ è quello. C’è un’econmia legata agli affitti delle case agli studenti. Ma le motivazioni, in generale, sono più complesse. Abbiamo una popolazine residente che lavora e guadagna anche bene. Parte della Milano del management ha scelto Pavia come luogo dove vivere. Stanno popolando luoghi residenziali urbani e periurbani. Questa è un’altra componente dell’economia della rendita».

Quindi si vive o, meglio, si dorme a Pavia e si lavora a Milano, per non dire anche più lontano?

«Esatto, come minimo a Milano. Perché conosco personalmente moltissime persone che dal lunedì al venerdì vivono a Londra e poi, come gli altri pendolari, tornano a Pavia».

Il suo discorso sembra molto pessimista. O c’è qualche possibilità per il futuro?

«Secondo me sarebbe tempo far partire uno sforzo collettivo, lanciare nuove iniziative coinvolgendo vari soggetti. Ne sento parlare da più parti a livello locale. Bisognerebbe che si cominci a vedere l’Università non solo come una possibilità per affittare spazi agli studenti. L’Università può anche generare attività di impresa attraverso la ricerca e lo sviluppo tecnologico. Le nostre piccole aziende, infatti, escono dal processo industriale perché non innovano. Hanno fatto concorrenza solo abbassando i costi, scelta che non può proseguire all’infinito. E, in modo analogo, non possono delocalizzare, perché non è nel loro modo di lavorare. Quindi non resta che puntare sull’innovazione tecnologica. L’università credo che sia pronta».

(c.e.g.)