venerdì 2 settembre 2011

Sul caso Penati e sul PD


[nota pubblicata su Facebook in data 2 settembre 2011]
https://www.facebook.com/notes/guido-giuliani/cosedipoliticaitalia-sul-caso-penati-e-sul-pd/10150268409203639

Oggi il quotidiano locale "La Provincia Pavese" pubblica una mia lettera sul caso di Filippo Penati.
Qui trovate il testo della lettera, più sotto altre considerazioni.

PAVIA  - Caso Penati i ritardi del Pd

La vicenda giudiziaria che ha coinvolto Filippo Penati non è stata gestita dai vertici del Pd come tanti militanti e simpatizzanti avrebbero voluto.
Il segretario Bersani ha impiegato qualche giorno di troppo ad invitare Penati ad essere giudicato dai giudici, rinunciando alla prescrizione vergognosamente breve prevista dalla legge Cirielli. E' anche mancato un invito netto e immediato a dimettersi dal Consiglio Regionale della Lombardia, assemblea nella quale, oggi, la presenza di Penati non porta alcun beneficio ai cittadini, potendosi ben dire lo stesso - per altri motivi - della sua collega Nicole Minetti.
Il Pd in cui io e tanti militanti crediamo ed abbiamo fiducia è un partito nel quale dirigenti ed amministratori sono al servizio dell'Italia e dei cittadini, e prestano tempo e competenze per rendere più giusta ed efficiente l'amministrazione pubblica. Il Pd deve smettere di alimentare carriere politiche pluri-decennali che giovano ai politici ma non alla società e nemmeno al Pd stesso. Il caso di Penati è esemplare: dopo essere stato sindaco di Sesto San Giovanni e presidente per cinque anni della Provincia di Milano, ha perso le successive elezioni provinciali nel 2009. Era quello il momento di porre termine ad un percorso che non aveva più capacità attrattive. La successiva candidatura di Penati a presidente della Lombardia nel 2010 è stata scialba e spenta, ed ha ottenuto uno scarso consenso tra gli elettori.
Chiedo al Pd di essere più coraggioso, e di fare seguire alle sue idee di sviluppo e giustizia per l'Italia una rigorosa trasparenza interna e una minore sudditanza nei confronti dei suoi "big".

Guido Giuliani
consigliere comunale Pd 
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Su questo argomento, segnalo alcuni interventi significativi e condivisibili:

* l'articolo di Carlo Galli su "La Repubblica" del 30 agosto 2011, http://www.libertaegiustizia.it/2011/08/30/la-cecita-della-sinistra/">qui
* l'articolo di nando Dalla Chiesa su "Il Fatto Quotidiano" del 30 agosto 2011, http://www.nandodallachiesa.it/public/index.php?option=com_content&task=view&id=1659&Itemid=39">qui
* Il commento di Ivan Scalfarotto, vicepresidente del PD dell'1 settembre 2011, http://www.ivanscalfarotto.it/2011/09/01/la-questione-morale-nel-pd/">qui

Altre riflessioni:
  • Non tutti i dirigenti del mio partito pensano che sia opportuno discutere in pubblico questi argomenti. Io credo che la trasparenza della politica debba nascere proprio da qui: non ci possono essere temi dei quali è lecito dibattere solo a porte chiuse, senza farsi ascoltare dai cittadini. Soprattutto se le questioni sono spinose e riguardano la legalità e la scelta della classe dirigente del nostro paese. Soprattutto se un partito politico come il PD si propone per governare il paese con una diversa considerazione e un più alto rispetto dell'etica pubblica e del servizio alla collettività. Se ci sono stati errori e mancata vigilanza, bisogna ammetterlo. Se la classe dirigente non ha come primo obbiettivo quello di favorire l'interesse collettivo invece di quello di pochi, questa classe dirigente va cambiata. 
  • Carriere politiche troppo lunghe non favoriscono il buon governo della cosa pubblica. Tranne che in casi davvero rari di persone eccezionali, l'abitudine alla gestione del  potere politico crea un distacco dalla realtà e dalla normalità della vita di tutti i giorni di milioni di cittadini. Con il rischio che il politico di lungo corso abbia come primo obbiettivo quello di perpetuare la propria vita politica, e come secondo obbiettivo quello di amministrare bene. Io credo allora in queste soluzioni: limitare la durata delle carriere politiche a due mandati (10 anni), favorire il ricambio nei diversi ruoli della politica, assicurarsi che i politici vengano scelti tra coloro che hanno un lavoro e un ruolo nella società e non vivano di sola politica, aprire i ruoi di governo (assessori, ministri) anche a persone che non provengono dall'ambito politico, utilizzare il  metodo delle elezioni primarie per scegliere i candidati. 
  • Per me e molti militanti del PD lombardo la scelta di Penati quale candidato presidente della Regione Lombardia per le lelezioni regionali del 2010 è stata davvero incomprensibile. O meglio, era incomprensibile se l'obbiettivo era cercare di vincere le elezioni, o almeno dare l'idea che il PD aveva un progetto per il Nord. Penati ha svolto il ruolo di candidato in modo superficiale e distratto, senza mettere a punto un programma degno di questo nome (io, per invitare gli elettori al voto non riuscivo a indicare loro il programma di Penati, perché era inesistente; allora segnalavo l'ottima campagna messa a punto da Giuseppe Civati, http://www.civati.it/regionali2010/index.html">qui
). Fu difficile, per me e molti altri militanti del PD, raccogliere voti per quelle elezioni. Io, per spirito di lealtà verso il partito, mi impegnai nella campagna elettorale, ma riscontrai una enorme difficoltà nel rendere credibile la candidatura-Penati.
  • Parimenti incomprensibile è stata la scelta di Bersani di nominare Penati quale capo della propria segreteria politica (ruolo ricoperto sino a qualche mese fa). Perché? Quali erano le qualità di Penati? Che valore aggiunto portava? Boh.
  • Una volta perse le elezioni regionali, Penati si fece nominare dal suo gruppo nell'ufficio di presidenza del consiglio regionale, per ricoprire il ruolo di vice-presidente del consiglio. Perché il candidato presidente perdente debba assumere quel ruolo non è chiaro. Dovrebbe lasciarlo ad altri colleghi del gruppo consiliare, secondo me. Sorse in troppi il dubbio che Penati fosse interessato all'indennità aggiuntiva che quel ruolo comportava. Anche qui, assoluta mancanza di stile e di senso della misura.

  • In conclusione, a fronte di un delicato caso giudiziario come questo la speranza è che non tutte le accuse che vengono oggi sostenute siano vere.Ma la reale soluzione sta nel scegliere persone al di sopra di ogni sospetto per ogni piccolo e grande ruolo di responsabilità collettiva.    

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